Claudio for Expo

ICH Sicav

 

L’Osteria Melgasciada de Villapizzon

Scritto da  Luigi Medici

Della Melgasciada parlano antiche leggende.

Essa sorge sulla strada che conduce a Villapizzone, in un’amena località. Nascosta in una folta macchia di alberi fronzuti, forse un lembo dell’antico e celebre bosco della Merlata, che si estendeva verso il nord, sede paurosa, nel cinquecento, di briganti e di ladroni; essa si apre ancor oggi ospitale ai milanesi desiderosi di verde e di tranquillità. Sulla strada un grande cancello aperto invita i passanti e, tra i pilastri, inquadra e incornicia la non lontana osteria, con lo spiazzo davanti…

Ha un solo piano e, isolata com’è nella boscaglia, ricorda un poco l’antica Osteria della Cazzuola di goldoniana memoria. Sull’uscio che immette alla cucina grande, (la solita  cucinona che abbiamo più volte intraveduto in altre osterie), una specie di iscrizione, che si legge accanto a due ingenue pitture popolari di avventure brigantesche, racconta un’enigmatica storia :

QUI È MURATA

LA TESTA DELLA MULA

DEI CELEBRI BRIGANTI

GIACOMO LEGORINO E

BATTISTA SCORLINO

GIUSTIZIATI NEL MAGGIO

DEL 1566.

L’osteria ricorda cioè l’epilogo della tremenda masnada dei famosi briganti che infestavano il bosco della Merlata.

In un volumetto che porta   sul frontespizio questo titolo, «Processo formato contro due famosissimi   banditi, Giacomo Legorino e Batista Scorlino» si legge la relazione che un   tal Giulio da Modena, cavaliere del Capitano di giustizia, faceva nel maggio   del 1566 a Giorgio Visconti, eccellentissimo segretario del Senato milanese.   Questo documento sarebbe l’epilogo del dibattimento contro la terribile banda   che, capeggiata da quei briganti, aveva assoldato, per le sue imprese il   Trentuno, il Girometta, il Zopeghetto, il Feracino, Rigoletto, Battista da   Mombello e altri molti che, come si disse, avevano il loro quartiere generale   nel bosco della Merlata, proprio là ove oggi si celebrano favolose   scorpacciate di prelibati asparagi o si gustano salamini «con la gotta» da un   discreto profumo di aglio… La relazione s’esprimeva così: Avviso V. S. che ho   fatto eseguire dal nostro Mastro di Giustizia Girolamo, tutto quello che si   fu ordinato dall’Ecc. Senato, sono andato cioè due ore per Milano facendo   trascinare a coda di cavallo sopra un asso sic), per uno il detto, G.   Legorino e R. Scorlino e dopo siamo andati alla Cagnola, ed ho fatto poi   menar prima il Legorino sopra un cantone della strada del Giardino e gli ho   fatto rompere le gambe, le braccia e la schena e gli ho fatti coppare, con un   segurino (scure), poi gli ho fatti mettere in Ruota; vero è che dopo mezz’ora   il detto Legorino era ancor vivo (quei briganti avevano una pelle dura!) e li   Signori della scuola gli ecclesiastici confortatori mi hanno pregato per amor   di Dio, che gli facessi tagliar le canelle della gola acciò non stentasse più   e non perdesse l’anima: lo che feci eseguire e gli ho fatto segar la gola e   il medemo ho fatto fare al Scorlino, mettendolo in Ruota sopra il Cantone di   qual per contro la Porta della Cagnola e li ho lasciati tutti e due in Ruota   per esempio… ».

Come si vede la Giustizia,   non prendeva le cose alla leggera…

E il ricordo di tali supplizi   era ancor vivo all’epoca del Porta il quale, nella poesia Olter desgrazi de   Giovannin Bongee mette sulle labbra del suo disgraziato Giovannin, arrestato   e tradotto a Santa Margherita, dopo la ben nota avventura col lampedée,   queste parole:

In sto moeud tutt dojos,   tutt sporscellent

Se consegna in guardina on   Giovannin

Pesg che nol fuss on Jacom   Legorin.

Tutti gli altri banditi   vennero giustiziati, con vari supplizii, tra il 1566 e l’anno successivo. Ma   ciò non valse a estirpare il male. che altri banditi. forse discepoli,di quei   famosi della Merlata, continuarono a infestare le campagne circostanti    a Milano.

Ma torniamo dai campi   nebulosi della storia (o della leggenda ?) sulle tavole imbandite della   famosa osteria, la quale,. sia detto ancora una volta, gode di una fama   meritata per le sue stupende aspargiate. All’epoca, in cui codesti   saporitissimi prodotti affiorano teneri e verdi sulle grasse aiuole, i   milanesi intelligenti si danno l’appuntamento qui. e, insieme con le uova   affogate nel burro abbondante divorano, fedeli figli del goloso. Valerio   Leonte (1), a mille quei profumatissimi doni della terra lombarda. Poi viene   il resto… « el scabbi », el « salamin, che gotta », i magioster… la pipa…

Un sogno di principio   d’estate, degno di poema…

Poi ecco, per i giovani   l’altalena che porta in alto fino a toccar le fronde degli alberi e reca   l’illusione degli aerei diporti…

Già; questo gioco infantile,   tipico delle  osterie milanesi, è famoso per prestarsi a certe   impreviste venture, che, a fior di terra, non è facile immaginare.

Ecco, per gli anziani   scamiciati, il gioco delle bocce, all’ombra di una torretta che sembra un   minareto.

La Melgasciada è bella… è   una delle poche osterie suburbane che ancor ci rimangono e che serbano la   tradizione delle vecchie osterie milanesi. Vogliamole bene.

L’Eremita di Villapizzone

Prima di lasciare la   Melgasciada volgiamo un pensiero a un oste eremita. «El Giovannin de   Villapizzon» dall’osteria piena d’immagini di santi. Spirito francescano, che   nel borgo godeva fama di filantropo, sopratutto per… i bevitori.

Note:

(1) Ben noto è l’aneddoto   del piatto di asparagi, conditi con l’unguentum (burro), offerto da V. L. a   Giulio Cesare, governatore della Gallia Cisalpina. Una delle poche notizie   che la storia, capricciosa, ci dà della dominazione romana nell’Insubria.

Foto: El gioeugh di bòcc a la Melgasciada – A.Ceruti, 1935

Testo tratto da: “Vecchie Osterie Milanesi” di Luigi Medici

Pubblicato su: www.canzon.milan.it

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