Editoriale (484)
L’associazione Frontalieri Ticino, come già preannunciato più volte, ha deciso di scendere in piazza, o meglio per le vie di Ponte Tresa (VA), con sosta in dogana. Alla fine della manifestazione, questa volta denominata FrontierDay, si terrà l’assemblea con politici, sindaci dei comuni di frontiera, sindacati. Appuntamento quindi per il prossimo sabato 2 aprile 2016 alle ore 14 (vedi locandina pubblicata), quindi esattamente due mesi dopo il partecipatissimo Frontaday di fine gennaio. L'occasione per fare il punto della situazione, per tastare il polso della protesta e valutare le risposte di politica ed istituzioni. Intanto il fronte politico ribolle, tra propaganda, tanta, e fatti, pochi. La notizia di giornata è la dichiarazione dell’assessore regionale Francesca Brianza in merito alla sparata, è proprio il caso di definirla così, del segretario regionale del Pd e capogruppo in consiglio regionale Alessandro Alfieri. “È assurdo che il capogruppo del Pd lombardo Alfieri chieda alla Regione di applicare una…
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Tutti che parlano di coalizioni, partiti, liste e nessuno che prenda in considerazione l’assembramento elettorale più numeroso, ovvero gli astenuti. Se facciamo una media tra primo e secondo turno, in Italia negli ultimi anni alle amministrative si reca alle urne poco più della metà degli aventi diritto al voto. E il 2016 non farà eccezione, anzi, incrementerà molto probabilmente la percentuale di chi non parteciperà. E la antipolitica conta fino ad un certo punto nelle elezioni locali e nella generazione di queste dinamiche. E’ il quadro generale fin troppo facile da leggere per chiunque la chiave di volta per capire il fenomeno. Con alcune stranezze. Il centrodestra sembrava tagliato fuori, incapace di formulare qualsiasi alchimia in grado di farlo entrare in partita in modo decisivo. Eppure, sono bastate alcune candidature azzeccate come Stefano Parisi a Milano e Paolo Orrigoni a Varese per rimetterlo in gioco e, sondaggi alla mano per…
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Nelle elezioni amministrative spesso e volentieri i programmi e i dibattiti tra i contendenti ruotano intorno alle “piccole” questioni, quelle che riguardano la quotidianità spicciola della popolazione alle prese con le criticità che tutti conosciamo, dal traffico, al decoro della città, dalla manutenzione dell’asset pubblico alla sicurezza, dalla viabilità ai parcheggi e così via. E’ comprensibile che sia così, sono argomenti sicuramente degni di attenzione perché avvertiti da chiunque e soprattutto redditizi dal punto di vista dell’immediato calcolo elettorale. Quasi sempre invece, nonostante i buoni propositi e i proclami della vigilia, le grandi questioni vengo tralasciate sullo sfondo, mai interpretate a fondo per davvero, non sembra esistere lungimiranza e visione, nemmeno chiarezza sulla missione di una città, non c’è interesse a volare alto in previsione del futuro. Alla meglio sono propositi che troviamo stampati sui depliant della propaganda elettorale e tutto finisce lì. Sembra che non sia redditizio parlarne. O…
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La politica nel corso dei decenni sembra ripetersi sempre uguale nei riti e nei vizi, soprattutto se focalizziamo l’attenzione sull’ambizione dei suoi protagonisti. Copioni recitati sempre nel medesimo modo, cambia solo il nome dell’interprete. Candidati che al di fuori della politica hanno raggiunto traguardi ragguardevoli nella professione, hanno cultura di alto livello, interessi sofisticati, quando scendono in campo spesso e volentieri rimangono vittima dell’illusione ottica della popolarità o della sindrome del salvatore della patria. Partendo sicuramente da comportamenti dettati dalla buona fede e dalla concretezza, degenerano facilmente nella superbia, nella pedanteria, nell’arroganza o, tipicamente a sinistra, nella sindrome dell’unto del Signore, depositario di una indiscussa superiorità morale. Con facili digressioni nella farsa o addirittura in situazioni da commedia all’italiana. Il meccanismo delle primarie per la selezione dei dirigenti e dei candidati ha negli ultimi anni ingigantito questa sindrome, ampliandone gli effetti e generando molte volte le premesse per successive sonore…
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Tra gli argomenti più dibattuti in questa prima parte della campagna elettorale per le amministrative in Lombardia trova sicuramente spazio la diatriba trasversale su chi sia il candidato più civico degli altri. Ma in realtà il problema è un altro. Il ragionamento parte dall’assunto che il partito in quanto tale e a qualunque schieramento appartenga, oggi finisca per rappresentare un limite, una palla al piede e non un plus in grado di fare la differenza in termini elettorali. Per i soliti motivi facilmente immaginabili, perché la politica è screditata, perché non c’è stato un ricambio generazionale, perchè la questione morale è irrisolta, per non parlare del merito che è declinato solo sulla carta e non nei fatti. Meglio pescare all’esterno, nella società civile come si suol dire, nel mondo delle professioni, dell’impresa, della cultura, delle università. Se il prescelto ha effettivamente qualità e potenzialità, ha progetti ed idee chiare, difficilmente…
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Stefano Parisi, “piccoletto e segaligno, è furbissimo”, diceva di lui il giornalista Stefano Livadiotti. Ma anche molto abile, aggiungo io. Poco appariscente nell'immagine, fedele ad un understatement forse studiato, ma efficace, l’ho incrociato casualmente a Milano un paio di volte in questo mese di febbraio, elegante, non formale, dall’aria iperimpegnata, ma disponibile allo scambio di battute. Per non parlare della concretezza nel dire e sostenere punti di vista, tipicamente da uomo del fare. Una scelta a mio avviso umanamente azzeccata, pensando soprattutto agli avversari. Dal cilindro berlusconiano non poteva saltare fuori una scelta migliore. Ha ufficializzato lunedi di questa settimana la candidatura per la corsa a sindaco di Milano in quota centrodestra all’hotel Marriott di via Washington, un luogo simbolo, una sorta di passaggio obbligato per il centrodestra meneghino. Un tornante impegnativo questa volta, sul lato politico, c’era appunto tutto il parterre del Ncd, da Formigoni a Lupi e soprattutto Alfano. Apriti…
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Dove soffia il vento del Nord
Scritto da Claudio Bollentini
Elezioni imminenti, questioni interne da risolvere, caso Rizzi, conquista della leadership del centrodestra ed equilibri conseguenti, alleanze da rifare, fatto sta che a nord del Po, in Insubria, tra Milano e Varese, nella culla della Lega il fuoco cova sotto la cenere. Niente di rivoluzionario in apparenza, in realtà però gli smottamenti, i riposizionamenti, le nuove amicizie, il faticoso e silenzioso lavoro di trincea sono un dato di fatto che avrà sicuramente importanti ripercussioni a breve sul futuro della Lega e dei rapporti di forza all’interno del movimento. Il copione leghista ricalcava fino a poco tempo fa un tacito accordo tra Matteo Salvini e Roberto Maroni, una vera e propria spartizione di ruoli ed interessi in conseguenza di obiettivi diversi, Maroni in Regione, Salvini nel partito, il primo a capo di una specie di correntone doroteo in salsa padana a dirigere la macchina del potere regionale, il secondo focalizzato sulla conquista…
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Si affolla la corsa per la conquista di Palazzo Estense a Varese. Sono sei gli schieramenti già in campo con relativi candidati sindaco, il settimo è praticamente già pronto e si vocifera di altri due in incubazione. D’altro canto mancano ancora un paio di mesi alla presentazione delle liste ed è logico immaginare che il parterre si possa facilmente allargare, magari con qualche sorpresa. Ma chi sono i candidati già in campo? Paolo Orrigoni (Lega, Forza Italia, Ncd, Movimento Libero, Fratelli d’Italia), Stefano Malerba (Lega Civica), Andrea Badoglio (Varese Civica), Francesco Marcello (Riva Destra e altri), Davide Galimberti (Pd, Varese 2.0, Lista De Simone, Lista civica del sindaco), Alberto Steidl (Movimento 5 Stelle) e a sinistra un altro candidato sindaco facente capo all’intramontabile Rocco Cordì, consigliere di Sel e ai suoi amici. Si apre finalmente la campagna elettorale, eccezionalmente lunga quest’anno. Qualcuno è in corsa da mesi, altri cominciano ora,…
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In questo tormentato mese di febbraio, dal caso Rizzi ai frontalieri e per finire alle vicende riguardanti le elezioni amministrative, la politica locale ha dato prova di quello che sa meglio fare: confondere le acque e venir meno alle proprie responsabilità. Con un unico risultato ottenuto: minare ancora una volta la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, nella politica e in chi se ne occupa pro tempore. Con un corollario scontato: la gente è sfiduciata, sfibrata dalla inconcludenza del personale politico e dalla irreversibilità di certi fenomeni a cui pare non si possa porre rimedio. Non protesta seriamente nessuno, la maggioranza preferisce il riflusso nel privato, la desistenza, il disinteresse, l’astensione da qualsiasi forma di partecipazione democratica a cominciare dal voto. Prendiamo il caso Rizzi. Il presidente della Lombardia Roberto Maroni se ne viene fuori con dichiarazioni imbarazzanti e dal sapore finto ingenuo, in sintesi: sono stato tradito, non immaginavo una situazione di…
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