Elezioni: salvate i soldati Sala e Galimberti
Scritto da Claudio BollentiniLa politica nel corso dei decenni sembra ripetersi sempre uguale nei riti e nei vizi, soprattutto se focalizziamo l’attenzione sull’ambizione dei suoi protagonisti. Copioni recitati sempre nel medesimo modo, cambia solo il nome dell’interprete. Candidati che al di fuori della politica hanno raggiunto traguardi ragguardevoli nella professione, hanno cultura di alto livello, interessi sofisticati, quando scendono in campo spesso e volentieri rimangono vittima dell’illusione ottica della popolarità o della sindrome del salvatore della patria. Partendo sicuramente da comportamenti dettati dalla buona fede e dalla concretezza, degenerano facilmente nella superbia, nella pedanteria, nell’arroganza o, tipicamente a sinistra, nella sindrome dell’unto del Signore, depositario di una indiscussa superiorità morale. Con facili digressioni nella farsa o addirittura in situazioni da commedia all’italiana. Il meccanismo delle primarie per la selezione dei dirigenti e dei candidati ha negli ultimi anni ingigantito questa sindrome, ampliandone gli effetti e generando molte volte le premesse per successive sonore batoste elettorali, pur essendo gli interessati partiti da presupposti ben diversi. A Milano e a Varese sta succedendo proprio questo, i due principali centri lombardi al voto in primavera stanno seguendo la medesima falsariga. Con l’entrata prepotente sulla scena in questi due comuni dei due candidati sindaco del centrodestra, nomi peraltro azzeccati, come Stefano Parisi e Paolo Orrigoni, la sinistra, o meglio i candidati designati da questa coalizione non si sono dimostrati per niente all’altezza della situazione e soprattutto nel momento in cui si sono riattivati dopo le primarie. Sala soffre la concorrenza a sinistra, prima snobbata, ora temuta. Non sarà quella una operazione marginale, di testimonianza, ma un vero e proprio progetto politico di sinistra-sinistra alternativo in primis proprio a Sala e ai suoi accoliti ritenuti troppo a destra per non parlare dell’antirenzismo che aleggia sempre più importante al di fuori del Pd e non solo e che complica ulteriormente il quadro. Il problema poteva essere gestito bene o meglio se nel centrodestra avessero candidato qualche duro e puro dal volto politico, ma le cose non sono andate così. La contromossa degli avversari, di proposta berlusconiana, è stata particolarmente efficace, ovvero Stefano Parisi, una scelta di merito, di alto livello umano e professionale, il peggior concorrente possibile per Sala. Ufficializzato, guarda caso, appunto dopo la vittoria di Mister Expo alle primarie. Manager entrambi, ma con una importante differenza. Tra il manager di sinistra che scimmiotta il ruolo del moderato e il manager di destra che invece interpreta con naturalezza lo stesso copione, è chiaro che il più grande e determinante segmento elettorale milanese, il centro, finisca per scegliere l’originale e non la copia. Una dura legge della comunicazione politica da che mondo è mondo. Ciò non significa che Parisi sia ora avvantaggiato, i voti dovrà conquistarseli uno ad uno, ma è sicuro che Sala abbia ormai perso il suo vantaggio iniziale proprio perchè lo spazio politico si è ridotto notevolmente, a sinistra e al centro. Ed è inutile pure guardare i sondaggi, la tendenza è palpabile, il trend è chiaro. Ora Sala abbozza, sembra annaspare nella formazione delle liste, le uscite da uomo di sinistra sono grottesche, in difficoltà sulle trattative. Rimane aggrappato con le unghie a Renzi sperando nell'effetto trascinamento. Un pò poco per chi si credeva già sindaco di Milano solo poche settimane fa. A Varese il contropiede del centrodestra è stato ancora più letale. A sinistra si immaginava da sempre di trovarsi alle elezioni di fronte ad un politico, ad un candidato di bandiera, magari a due o più candidati a causa delle divisioni o, nella peggiore delle ipotesi dal loro punto di vista, ad un candidato di mediazione, anche molto valido, ma con la certezza che non tutta la coalizione si accodasse fedelmente. Con questa premessa, il candidato vittorioso alle primarie del centrosinistra del 13 dicembre Davide Galimberti è così sparito per due mesi belli e buoni, i più pensano perché fosse sicuro di vincere, bastava rientrare a tempo debito in primavera e ripetere le solite manfrine acchiappavoti, nel frattempo godersi le divisioni altrui, lo scioglimento del vecchio centrodestra a trazione forzaleghista e soprattutto la vittoria sull’avversario interno, quel Daniele Marantelli, vecchia volpe della politica varesina che più di uno a sinistra comincia però a rimpiangere. La sorpresa è uscita dal cilindro leghista e si chiama Paolo Orrigoni. Ma non è un signor nessuno buttato lì tanto per aprirsi alla società civile, è uno degli imprenditori più in vista della città, popolarissimo e molto potente. Ha immediatamente annichilito la concorrenza a destra, come il civico Malerba, ormai destinato a ruolo di inutile comparsa e ha facilmente riconquistato le posizioni al centro dove effettivamente uno sconfinamento della sinistra era dato per certo. Ora Galimberti si trova di fronte una corazzata, mentre a sinistra subirà pure la concorrenza di una lista autonoma e concorrente. Il piddino è rientrato in scena con arroganza, ha addirittura convocato un confronto con Orrigoni senza accordi, ha cominciato ad inveire disordinatamente sulle ragioni della candidatura altrui, ha rivendicato idee e programmi per la città quasi che fosse l’unico depositario della verità. Inimicizzandosi pure gli altri candidati sindaco, comunque disinteressati alle sue profferte, ma focalizzati pragmaticamente sul dialogo con la gente. La campagna vera e propria è di là da venire, ci sarà tempo per i confronti, ora agli occhi dei più sono passerelle buone solo per chi è vittime del proprio super ego. Risultato: Sala e Galimberti in difficoltà e il centrodestra di nuovo in gioco nel sempre più volatile ambito delle preferenze degli elettori. E manca pure una eternità alle elezioni.