Lengua Mader (38)
Chi ha paura della lingua Lombarda?
Scritto da Juri Orsi
Il seguente articolo è scritto in lingua italiana, nell’attesa che la codifica della lingua lombarda ne permetta una traduzione. Negli ultimi giorni è stato presentato da parte dei consiglieri regionali della Lega Nord un progetto di legge in consiglio regionale a favore della salvaguardia della lingua lombarda. Il progetto di legge è consultabile al seguente indirizzo. Come era prevedibile un progetto di questo tipo ha scatenato un vespaio di polemiche. In particolare buona parte dell’opposizione si è schierata contro la salvaguardia di una lingua che, dal loro punto di vista, non esiste. Mi sembra superfluo iniziare una trattazione sull’effettiva natura di lingua del lombardo, a tal proposito rimando all’articolo di Marco Tamburelli ed alla presa di posizione del Comitato per la Salvaguardia dei Patrimoni Linguistici. Preferisco, da profondo ignorante di linguistica, lasciar parlare gli esperti. Ciò che mi preme evidenziare è ben altro, ovvero il totale disinteresse dimostrato dalla sinistra…
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Si può parlare di lingua lombarda? In risposta a Gobber su Repubblica.it
Scritto da Marco Tamburelli, Claudia Soria, Mauro Tosco
In una recente intervista, Repubblica.it ha chiesto al professor Giovanni Gobber dell’Università Cattolica un’opinione sul progetto di legge presentato in Regione Lombardia per la salvaguardia della lingua lombarda. Da linguisti esperti di mantenimento delle lingue “piccole” siamo rimasti sbigottiti dal numero di imprecisioni e luoghi comuni inclusi nell’intervista. Riportiamo le nostre riflessioni qui sotto, sperando possano chiarire alcune delle inesattezze. Alla domanda “si può parlare di lingua lombarda?”, il professore risponde "no, in Lombardia ci sono molti dialetti tutti diversi fra loro. Parlare di lingua lombarda presuppone l'esistenza di una norma codificata, accettata e valida in un unico territorio”. La prima affermazione è lapalissiana, la seconda è semplicemente errata. Tutte le lingue – soprattutto quelle “piccole” - sono insiemi di dialetti con alcune divergenze tra loro, ma sufficientemente omogenei e con sviluppi sufficientemente affini da renderli “lingua” nel senso storico-genealogico, ovvero nel senso puramente linguistico, del termine. Che i dialetti…
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Il Comitato per la Salvaguardia dei Patrimoni Linguistici apprende con soddisfazione la notizia di una proposta di legge in Commissione Cultura della Regione Lombardia per la tutela della lingua lombarda. Tale proposta, volta a garantire un regime di bilinguismo tra la lingua nazionale e quella regionale, va incontro a quanto chiede ormai da decenni la Carta Europea delle Lingue Regionali e Minoritarie e agli appelli dell'UNESCO, che nel suo Atlante Mondiale delle Lingue in Pericolo inserisce anche il lombardo; e a quanto, in sostanza, è già attuato in alcune regioni italiane, come il Trentino-Alto Adige, la Sardegna e il Friuli Venezia-Giulia, per diverse comunità linguistiche. L'Italia vanta una delle più grandi diversità linguistiche del continente europeo: il lombardo, il piemontese, il veneto, il ligure, l'emiliano-romagnolo, il sardo, il friulano, il napoletano, il siciliano, il ladino (per citare solo le lingue più diffuse), sono patrimoni di inestimabile ricchezza, e che appartengono…
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La lingua lombardo occidentale, di cui il milanese (o meneghino) è la variante più diffusa, è la lingua locale parlata nella parte occidentale della Lombardia, nel Novarese, nel VCO, nella val Chiavenna e nel Canton Ticino, ed è pertanto diffusa su un territorio coincidente con quello insubre. Il lombardo occidentale mantiene una certa omogeneità in tutte le zone in cui è parlato, anche se le varianti locali non mancano di notevoli specificità e sono spesso contaminate dalle parlate emiliane e piemontesi nelle zone di confine con queste Regioni, dalle lingue reto-romanze e dal lombardo orientale (la lingua locale parlata a est del fiume Adda) nelle zone alpine nord orientali del territorio insubre. Tuttavia, malgrado la sua ampia diffusione, la lingua lombarda occidentale non è riconosciuta come lingua minoritaria nè dalla Stato italiano nè dalla Unione europea, sebbene abbia tutte le caratteristiche richieste per rientrare tra gli idiomi tutelati dalla Carta…
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Cosa avrebbe mai scritto Giacomo Leopardi, se anziché aver avuto i natali a Recanati fosse nato nella Brianza insubre? Avrebbe qui composto i medesimi grandissimi versi? In altri termini: possono una terra e una lingua condizionare l’identità profonda di uno scrittore, di un artista? Domande quasi da fanta-letteratura queste, alle quali prova a dare una risposta Leopardi in Brianza, la traduzione in lengua di quindici tra i più celebri Canti leopardiani. Una versione che mette in scena l’eterna contesa tra la lingua ufficiale e la lengua mader, per scoprire se quest’ultima riesce a sostenere la “forza d’urto” di versi celeberrimi, scritti dal più grande poeta lirico italiano. L’infinii, El passer deperlù, La quiett dopo la tempesta, I mè regord… Questi, alcuni tra i titoli dei Canti tradotti da Renato Ornaghi nella sua lengua. Un’operazione che farà discutere e magari storcere il naso a qualche purista, ma che pone sul piatto tutti i termini della sfida mai chiusa tra lingua ufficiale e regionale, testando la…
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Il Barbapedana di cui ci parla Boito (il più illustre e conosciuto della lunga serie) si chiamava Enrico Molaschi ed era nato a Milano il 1 gennaio del 18234. Le sue prime esperienze di suonatore e di cantante le fece però nel contado, e precisamente in quel di Paullo, dove ancora giovanotto s'era trasferito, ospite forse di alcuni parenti. Lavorava come garzone in un'osteria dove spesso faceva sosta, nei suoi vagabondaggi attraverso la pianura lombarda, un suonatore che intonava, accompagnandosi sulla chitarra, molte canzoni popolari e filastrocche ingenue. Il giovane Molaschi fece amicizia con questo musicante di strada del quale non ci è giunto il nome e da lui apprese i primi rudimenti dell'arte di suonare la chitarra e un certo numero di canzoni. È probabile che già questo suonatore si facesse chiamare Barbapedana, ma è certo che comunque nel suo repertorio aveva una filastrocca senza senso nella quale si…
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La bosinada è componimento poetico in dialetto, inteso a commentare un fatto lieto, o triste, della vita quotidiana. Cronaca in versi, potremmo dirla; cronaca del Sei del Sette e dell'Ottocento milanesi; poiché nel Sei nel Sette e nell'Ottocento ebbe sviluppo notevole, anzi glorioso, per mezzo dei poeti che le si dedicarono. Carattere precipuo della bosinada è la flagrante umanità del suo contenuto, cui aggiunge pregio la immediatezza delle sue conclusioni. Vi si indicano luoghi, persone e circostanze di comune conoscenza con aggettivi e appellativi e sentenze che suscitano il pianto o il riso dell'uditorio e il commento. Essa è l'espressione del buon senso popolare, che osserva i fatti del giorno e reagisce alle aberrazioni sociali, da qualunque parte provengano. La sua natura è squisitamente etnica, poiché deriva dal popolo, e s'indirizza al popolo, del quale interpreta, o previene, i desideri più riposti, e sottolinea i difetti, le manchevolezze con lo…
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Qualora si volesse avere una dimostrazione pratica di quanto sia arretrata in Italia la questione delle lingue locali, tra l'indifferenza della gente comune e le condanne dell'élite culturale (ancora ieri Michele Serra denunciava su Repubblica il pericolo di una “regressione dialettale”) basterebbe fare un giro per i comuni della fascia prealpina lombarda dove, a ogni tornata elettorale, si ripresenta sempre la stessa scena: con la vittoria delle liste di centrosinistra si assiste alla rimozione, più o meno immediata, dei cartelli bilingue italiano/lingua locale eretti dall'amministrazione comunale precedente. Avete capito bene: mentre in Spagna i catalani chiedono a gran voce di poter inserire la propria lingua tra quelle ufficiali dell'Unione Europea e si mobilitano on line per salvare “el català de la Franja” (ossia quello parlato nell'Aragona occidentale, privo di tutele e a rischio di estinzione), mentre in Galles si discute dell'istituzione di scuole monolingue in gallese, in Italia il dibattito…
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Il centro studi per la diversità culturale del Messico (noto come Biblioteca de Investigación Juan de Córdova) ha dato il via alla campagna “Todas se llaman lenguas” (si chiamano tutte lingue, consultabile da questo sito: http://www.todas-lenguas.mx/ ),una campagna contro l'uso denigratorio della parola ‘dialetto’, e per la “sensibilizzazione alla diversità linguistica del paese”. Un richiamo ad usare la parola ‘lingua’ e ad abbandonare contemporaneamente il termine ‘dialetto’, termine che nelle Americhe come in Europa è stato integrato nel sistema sociale e scolastico con la precisa intenzione di eliminare l’uso delle lingue ancestrali (nel caso americano) e di quelle locali/regionali (nel caso europeo). Quella messicana è quindi una campagna di riappropriazione delle lingue storiche, campagna di cui hanno bisogno anche molte lingue regionali d’Europa, e specialmente quelle storicamente radicate sul territorio italiano. E quindi ce n’è tanto bisogno anche in Italia, perché come nel resto d’Europa e nelle Americhe, il termine…
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