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Una vita a zig-zag. Un ricordo di Ottavio Missoni

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di Antonio Mancinelli*

L'ultima volta che ci siamo visti era stato a casa da Angela, sua figlia. Aveva invitato qualche giornalista a cena, tra cui colleghe molto sussiegose ed infinitamente più snob di lui, che pur ne avrebbe avuto donde. «Mì? Faso maglie», era quello che eravamo riusciti a scucirgli (è il caso di dirlo) sul suo lavoro, mentre in compenso ha costretto la tavolata a cantare canzoni folk venete, con qualche esitazioni delle colleghe blasé. E quando lo abbiamo applaudito, ha detto: «Ma no, siete stati bravi voi».

 

Ottavio detto Tai Missoni era così: un recordman dell'understatment, un ginnasta della gentilezza, un atleta della signorilità. I suoi successi olimpici (anche dopo gli 80, aveva continuato ad allenarsi partecipando a corse e maratone) nell'arco di una vita si erano trasformati in una concezione estetica che abbracciava e coccolava il dinamismo, il movimento, la confortevolezza, il non-prendersi-mai-troppo-sul-serio per indulgere al sorriso anticonformista: «Per vestirsi male non serve seguire la moda, ma aiuta».

Rimpiangeremo a lungo questo signore alto e spiritoso che affascinava per spirito, educazione, cultura, humour. Più una meravigliosa normalità: sposare e amare "per sempre" - davvero! - la stessa donna e farne compagna di sentimenti e di lavoro, fondare un clan con i figli Vittorio, Angela e Luca, più i nipoti. Tutti al lavoro nell'azienda di famiglia a Sumirago (VA), un posto bellissimo e pieno di fiori, di colori, di operai che sorridono e di consapevole disubbidienza alle cerimonie della moda "ufficiale" di cui avvertiva la consistente inconsistenza. Tanto da preferire un fiasco di vino (e una canzone con gli amici) al presenziare durante i party glamorous.

Ha avuto una vita ricca di onori, ma anche di dolori grandi grandi, come sopravvivere ad un figlio: la prova più sadica a cui il destino può sottoporci. Come aver conosciuto i patimenti della guerra, della prigionia, di un'anima divisa in due tra la Dalmazia e l'Italia.

Eppure, dello stile che ha creato con sua moglie, rimane e rimarrà quell'aura di gioia di vivere, di ottimismo, di simpatia - nel senso etimologico del termine - nata dall'intuizione che se una riga è noiosa, due lo sono meno, cento sono bellissime e mille sono Missoni. E che per lui - uomo che amava le donne - la maglia è l'elemento ideale per sottolineare le forme ma non ingabbiare il corpo, proteggere ma non corazzare, vestirsi ma non travestirsi. Un arcobaleno colorato e tinto di mille toni dalla storia dell'arte, da un gusto inarrivabile per i colori, da una competenza strabiliante dei materiali, da una ricerca scientifica di motivi e decori: dalle righe allo zig-zag, dal disegno "fiammato" alle ispirazioni naturali, tecnologiche che si trasformano in segni, sogni, disegni.
Ed erano nate collezioni di abiti, di accessori, di gioielli, perfino di arredi e, da poco, anche di hotel.

Un uomo perbene a cui la politica aveva più volte chiesto di partecipare in prima linea. Ma che, essendo perbene, aveva sempre - cortesemente - allontanato da sé.

Resta la sua eredità emotiva, artistica, genetica: l'amatissima nipote Margherita aspetta un bambino. E questa continuità ci fa pensare a come tutto sia come lui ha sempre pensato che fosse: mobile, transitorio, vorticoso. In poche parole: non era solo "il Maestro del colore". Era un maestro di vita. Ci ha insegnato a vederne sempre il lato positivo. Perché le cose vanno così: un giorno su, l'altro giù. A zig-zag, insomma.

*Giornalista, ci ha gentilmente concesso questo contributo - tratto dal suo blog “Beato fra le gonne” - originariamente pubblicato sul mensile MarieClaire.it 

Foto tratta da www.marieclaire.it

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