Claudio for Expo

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Il Grotto

Il Grotto (72)

Il contributo della Lombardia ai grandi vini italiani è sotto ai...satinati e spumanti sensi di tutti. Anzitutto, quindi, un dominio nel campo della spumantistica: Oltrepò Pavese, Erbusco, Lago d'Iseo, Franciacorta. Non dimentichiamoci, poi, dei vini della Valtellina: rigorosi, straordinari. Una viticoltura eroica, che lo stesso Leonardo da Vinci appuntò nel '500 esclamando: “Valtellina fa vini potenti assai!”. Quindi le Terrazze Retiche di Sondrio, l'Albareda, lo Sforzato, il Valtellina Superiore Inferno, i grandi Nebbiolo della Chiavennasca.  Nel Bresciano troviamo i grandissimi rosati: il Chiaretto, il Bardolino, che sono dei fantastici vini suadenti. E fu proprio in Franciacorta che nel 1980 si avviò il rinascimento enologico, grazie alla lungimiranza dei produttori lì presenti e alla spinta di Luigi Veronelli, il quale, di ritorno da un viaggio a Bordeaux, organizzò in Franciacorta le prime sperimentazioni di una realizzazione di vini su blendling bordolese.  Al di là della tecnica straordinaria della Franciacorta, ciò che…
Il reticolo di vigneti e il susseguirsi di ripide terrazze nel soleggiato versante Retico, segnano il paesaggio della Valtellina con la storia e la tradizione di una grande civiltà del vino. Lo Sforzato di Valtellina DOCG (o Sfursat) viene prodotto esclusivamente con uve della varietà Nebbiolo Chiavennasca, attraverso un’antica pratica di forzatura che consiste nel vinificare uve appassite. Il vino che si ottiene ha un caratteristico colore rosso granata, un profumo intenso, caldo e speziato, ricco di note di frutti di bosco e resina. Al palato si presenta morbido, asciutto, alcolico e vellutato, con un sapore intensamente aromatico, pieno, con sentore di legno e spezie. La gradazione alcolica minima è di 14 ° vol. Il periodo ottimale per il consumo va dai 4 agli 8 anni dopo la vendemmia. Non esiste una zona ben delimitata per la produzione dello Sforzato. All’interno delle aree di produzione dei vini Valtellina Superiore DOCG…
«Strachìquader» (termine dialettale che sta per stracchino quadrato): così fu chiamato fino ai primi del Novecento il taleggio nell’omonima valle, la sua zona d’origine, per distinguerlo, grazie alla sua forma quadrata, dal rotondo «strachìtund». Quella del taleggio è davvero una lunga storia che risale al X-XI secolo quando nelle casere della Val Taleggio si cominciò a produrre questo «stracchino», così genericamente chiamato perché prodotto nel periodo di fine estate, quando le vacche scendono dall’alpe e sono perciò stanche (in dialetto «stracche»). Tracce di un formaggio simile si trovano già nel 1344, nella lista dei cibi per l’incoronazione di Papa Clemente VI e si dice che proprio il taleggio sia stato servito al banchetto di nozze di Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti in Cremona. Certo è che nel succedersi dei secoli la sua rinomanza continuò a crescere: i veneziani nel Cinquecento ne facevano scorpacciate, nel Settecento andava letteralmente a ruba…
Chi visita il lago di Como non può non provare i tanti itinerari enogastronomici disponibili. Tra lago e monti, Como cela infatti un patrimonio culinario caratteristico e tutto da scoprire: dai piatti tipici della tradizione ai vitigni dall’origine antica. Fra i molteplici sapori del comasco un posto speciale è occupato dalla polenta. Dal piatto tipico della tradizione contadina, questa preparazione a base di mais viene oggi elevata a protagonista di raffinate ricette, in abbinamento a carni, pesci, formaggi e verdure. La carne è un prodotto importante nella gastronomia comasca: i famosi salumi di Brianza certificati dal marchio DOP e la luganeghetta, ma anche pollame, conigli, cervi, caprioli e uccelli, cucinati soprattutto in salmì. Carne e salsiccia, accompagnate da verdure, sono inoltre utilizzate per preparare la tipica cazzoéla. Tra i formaggi si ricorda lo zincarlino, ricotta piccante condita con olio e pepe, i formaggi caprini della Valsassina, il Taleggio a pasta…
L'autunno alle porte è una stagione magica non solo per i meravigliosi colori delle foglie che cadono e per il piacevole romanticismo che evoca, ma anche per i particolarissimi piatti che lo caratterizzano, più di ogni altro periodo dell'anno. Nel milanese da sempre l'autunno è rappresentato, dunque, da vivande che nonostante il trascorrere dei secoli, non smettono mai di rendere eccezionalmente invitante una tavola che si rispetti. Il piatto doc? Sicuramente la cassoeula (chiamata anche casoeula, casoela, cazzuola, verzata, o botaggio, dal francese 'potage' che significa 'minestra'). Il riferimento è a un alimento assai calorico (quindi occhio alla linea) basato sull'impiego delle verze, prodotto orticolo tipico dei primi freddi: la verza o cavolo verza (Brassica oleracea) è detta non a caso 'cavolo di Milano', è una variante del più noto e diffuso cavolo cappuccino ed è coltivata dalla notte dei tempi. La cassoeula è un piatto amato da tutti i…
Ludovico il Moro nacque a Vigevano da Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti. Fu detto il “Moro” forse dai suoi capelli scuri e dal colorito bruno. Sin da bambino venne educato ai valori della cultura umanistica. Quartogenito della famiglia, perciò svantaggiato nella conquista della signoria, si rivelò una persona estremamente intraprendente ed ambiziosa. La sua astuzia ed il suo cinismo lo portarono ad eliminare tutti i contendenti al governo del ducato. Spinto dalla moglie Beatrice d'Este, duchessa d'Urbino, fu sfrenato mecenate d’artisti e letterati, impoverendo così le casse dello stato ma facendo di Milano una delle corti più brillanti d’Europa. Grandi artisti quali Leonardo da Vinci (sovrintendente alle mense) e Bramante, misero il loro genio a sua disposizione anche per creare tribune, quintane, coreografie, tende e costumi, dei sontuosi ricevimenti di corte. Era la primavera del 1491 quando la raffinata Beatrice (che si dice fosse anche una brava cuoca), volle…
Il “Panettone”, prodotto con la millenaria tecnica della fermentazione spontanea, è il portabandiera dei dolci natalizi a pasta lievitata di grande qualità. Tipicamente milanese e lombardo, anche in Ticino è non solo molto apprezzato, ma anche prodotto. Ci riferiamo ovviamente al panettone artigianale, quello che si fregia del marchio registrato e attribuito dalla Società mastri panettieri, pasticceri e confettieri del Canton Ticino (SMPPC-Ti), un dolce che è sicuramente uno dei vanti del dell’artigianato panario e dolciario ticinese. Una bella realtà quella che regola la produzione del panettone ticinese. Quindi, state attenti al "marchio di garanzia di qualità" creato nel 1999 dalla SMPPC per distinguere il panettone artigianale originale da quello industriale che non rispetta i parametri richiesti.
di Paola Montonati Ormai ci siamo, fra pochissimi giorni il freddo dell’inverno, un po’ in ritardo sul calendario arriverà, e cosa fare in qualche pomeriggio di festa, se non “pasticciare” un po’ nella cucina, col calduccio del forno e qualche bambino incuriosito da questo insolito trafficare. Si, è proprio ora di preparare qualche biscotto speciale, qualche tradizionale dolce, forse non tanto per il risultato, ma per fare godere di questi momenti così piacevoli che solo certe atmosfere sanno regalare. E allora proviamo queste facili e semplici ricette che la tradizione lomellina ci ha insegnato.
Tra feste di Halloween più o meno contaminate o artefatte, tra riti laici dal sapore schiettamente commerciale, riscopriamo invece la nostra storia e la nostra tradizione plurimillenaria. “L’è el dì di mort, alegher!” recita il titolo della celebre lirica di Delio Tessa. Il 2 novembre infatti ricordiamo i defunti, magari non dimenticandoci di assaggiare il “pan dè mort” che è appunto il dolce tipico di questi giorni. La tradizione vuole che venga preparato la notte tra il 1 e il 2 novembre. La mattina i fornai, trovando il pane bucherellato dalle dita dei morti che invano cercano di afferrarlo, mettono l’uva passa per coprire questo….tentativo di furto dall’oltretomba.

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