Claudio for Expo

ICH Sicav

 

Ambrogio: “I buoni amano la libertà, i reprobi amano la servitù”

Scritto da  Luca Fiore

Il 7 dicembre è la festività del santo Patrono di Milano Ambrogio e quest’anno lo ricordiamo con una riflessione che prende origine dalla visita a Milano, nel 2012, di Papa Benedetto XVI. Ratzinger ha parlato ai politici degli insegnamenti del santo Patrono: laicità, giustizia, amore per la libertà. Ma da dove nasce un pensiero che era all'avanguardia già nel IV secolo, ed oggi è ancora così attuale?

di Luca Fiore*

Era un uomo di grande coraggio. E, se era necessario, non guardava in faccia a nessuno. Neanche all’imperatore. Al quale, pur nel rispetto che gli si doveva, sapeva dire di no. Come quella volta che fermò Teodosio davanti all’entrata della chiesa chiedendogli il pentimento per le sue mancanze di cristiano.

Non è un caso che Benedetto XVI, nel suo incontro a Milano con le autorità civili, abbia citato proprio sant’Ambrogio e il suo insegnamento sul buon governo. Che non può limitarsi all’affermazione della giustizia, ma che deve essere unito anche all’amore per la libertà: «I buoni amano la libertà, i reprobi amano la servitù». Un pensiero all’avanguardia già nel IV secolo. E che non smette di essere attuale. A spiegarlo è don Giuseppe Bolis, docente di Introduzione alla Teologia all’Università Cattolica di Milano ed esperto di Padri della Chiesa.

Da dove nasce la concezione di Ambrogio sul rapporto tra Stato e Chiesa?

Bisogna tenere conto delle due sorgenti a cui attinge la sua personalità: la romanitas e la christianitas. Ambrogio è innanzitutto un cittadino romano, con una profonda formazione giuridica. Suo padre è un funzionario imperiale. Nasce a Treviri, nell’attuale Germania, dove la famiglia si era trasferita. Tornerà a Roma all’età di sette anni. Cresce dunque immerso in quella romanitas che lo educa e della quale assume la concezione di Stato. Tornato in Italia frequenta la comunità cristiana della capitale. La sua non era una famiglia cristiana qualunque, basti pensare che la nonna Sotere era morta martire durante la persecuzione di Diocleziano tra il 304 e il 305. A quel tempo la comunità romana era vivissima. Il Papa era Damaso, che con forza affermava il primato di Roma sul resto della cristianità, stabilendo che una formula di fede - per essere dichiarata ortodossa - dovesse avere l’approvazione del Vescovo di Roma. Un’altra personalità centrale era Simpliciano, il precettore di Ambrogio e dei suoi fratelli Satiro e Marcellina (futura vergine consacrata, tra le prime in Occidente). Eletto Vescovo a sorpresa, Ambrogio lo chiamerà a Milano al suo fianco, per il fatto di sentirsi completamente impreparato a quel compito.

Il Papa ha ricordato queste sue parole: «Anche tu, o augusto imperatore, sei un uomo».
L’imperatore non è sopra agli altri uomini, né sopra la Chiesa. È un cristiano come tutti. Questo non significa che Ambrogio non gli riconosca il ruolo decisivo che ha, ma lo richiama al suo vero compito. Che non è quello dell’uso del potere nel senso di un assolutismo slegato da qualsiasi limite, ma l’esercizio del potere in funzione del bene comune. L’imperatore cristiano Teodosio per lui è un esempio di questo, tanto che l’omelia che pronuncerà al funerale sarà quasi una canonizzazione in diretta...

Che cosa Ambrogio ammirava di Teodosio?

Teodosio è considerato l’imperatore cristiano per eccellenza. Nel 382 proclama il cristianesimo religione di Stato. Appena sessantanove anni dopo l’Editto di Milano (313), con il quale Costantino aveva riconosciuto la libertà di professare la fede cristiana. Ma la stima di Ambrogio se l’era guadagnata soprattutto perché aveva testimoniato la fede anche facendo l’imperatore.

Qual era la concezione del potere imperiale per i suoi contemporanei?

Per capire questo punto occorre tornare all’episodio del ritrovamento della vera croce di Gesù da parte di sant’Elena, la madre dell’imperatore Costantino. Da Gerusalemme Elena invia al figlio due chiodi della croce: uno verrà incastonato nella corona ferrea con cui da allora in poi si sarebbero incoronati gli imperatori; l’altro verrà inserito nel morso del cavallo del sovrano. Il che significa che, da una parte, la sorgente del giudizio dell’imperatore deve essere la croce di Cristo; dall’altra, la croce di Cristo frena il potere imperiale unendo la giustizia e la carità o, come diremmo oggi, il rispetto della persona.

Eppure nonostante questa visione gli imperatori hanno sempre avuto la tentazione di sottomettere al loro potere anche la Chiesa.

Sì, e questa tentazione l’ha avuta persino lo stesso Teodosio. Ma Ambrogio fu implacabile anche con lui. Successe dopo la strage di Tessalonica del 390, quando le truppe imperiali soppressero una rivolta uccidendo oltre 7000 persone. Ambrogio ritenne responsabile di quest’atto ignobile lo stesso imperatore. E si narra che lo fermò davanti all’entrata della chiesa intimandogli di pentirsi e di fare penitenza entrando senza le insegne imperiali, simbolo del potere. Teodosio in un primo momento reagì male, poi accettò. Questo gesto sottolineava, di nuovo, la separazione tra i due poteri e la non subalternità della Chiesa rispetto all’impero. Fu poi Agostino a sistematizzare questo pensiero nel De Civitate Dei, ma era un pensiero che Ambrogio già praticava. Era un antesignano, in questo senso. Nello stesso tempo, dall’altra parte dell’impero, in Oriente, prevalse la linea di Eusebio di Cesarea che aveva teorizzato, con Costantino, l’identificazione tra il regno di Dio e l’impero romano cristiano. Una commistione ambigua tra potere secolare e potere religioso.

Un altro elemento sottolineato dal Papa è l’inseparabilità, nell’azione di governo, della giustizia dall’amore per la libertà.

Anche qui si vedono le due sorgenti della personalità di Ambrogio. La romanitas con l’amore per la giustizia, perché la legge è il fondamento del vivere civile. Ma, nello stesso tempo, la christianitas con l’amore per la libertà, che è tipicamente e unicamente cristiano. Qui c’è tutto il tema dell’umanizzazione delle leggi romane che il cristianesimo ha operato nei primi secoli. Il cristianesimo non è contro lo Stato, ma introduce l’amore alla libertà, l’amore alla persona: l’io come rapporto diretto con l’infinito. E, pian piano, umanizza la legge umana. Infatti, Benedetto XVI dice che questo è uno degli elementi centrali della laicità dello Stato. Ed era già presente nell’Editto di Milano, in cui l’imperatore non solo dà la libertà ai cristiani (il testo dice «ut christiani sint» - «che i cristiani siano»), ma afferma che anche tutti gli altri devono potersi esprimere: è una libertà per tutti. Il Santo Padre questo lo ripete ancora oggi: la libertà non è solo per i cristiani, ma la laicità dello Stato deve permettere che tutti si possano esprimere nel rispetto dell’altro e delle leggi che mirano al bene comune. Questa insistenza di Ambrogio sulla libertà per tutti fu un contributo fondamentale per una società che viveva un momento molto difficile come scriveva Giovanni Paolo II, nel 1983, in una lettera all’allora cardinale Carlo Maria Martini dedicata proprio a sant’Ambrogio: «Nella società romana in disfacimento, non più sorretta dalle antiche tradizioni, era inoltre necessario ricostruire un tessuto morale e sociale che colmasse il pericoloso vuoto di valori che si era venuto creando. Il Vescovo di Milano volle dar risposta a queste gravi esigenze, non operando soltanto all'interno della comunità ecclesiale, ma allargando lo sguardo anche ai problemi posti dal risanamento globale della società. Consapevole della forza rinnovatrice del Vangelo, vi attinse concreti e forti ideali di vita e li propose ai suoi fedeli, perché ne nutrissero la propria esistenza e facessero così emergere, a servizio di tutti, autentici valori umani e sociali (…) A chi pensava di salvare la romanità facendo ritorno a simboli e pratiche ormai desuete e senza vita, Ambrogio obiettò che la tradizione romana, con i suoi antichi valori di coraggio, di dedizione e di onestà, poteva essere assunta e rivitalizzata proprio dalla religione cristiana». In questo modo, il Vescovo di Milano mostra con chiarezza la positività storica del cristianesimo: lungi dall’essere un peso e un tradimento delle antiche e gloriose tradizioni umane, ne è il compimento vero e duraturo. E la visita di Benedetto XVI a Milano ne ha riproposto con bellezza la verità e l’attualità.

*Fonte: www.tracce.it

Nell'immagine in alto: "L'imperatore Teodosio e sant'Ambrogio"

Questo dipinto fu realizzato nel 1618 da Rubens, con l'aiuto del più valente dei suoi aiutanti, Antoon van Dyck. Il disegno preparatorio fu opera di Rubens, mentre il quadro fu realizzato quasi completamente solamente da van Dyck. Qualche anno più tardi, van Dyck dipinse un quadro molto simile, ora conservato a Londra

Letto 1255 volte

Claudio for Expo

ICH Sicav

 

 

 

 

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.

Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie. Per saperne di piu'

Approvo

Scrivi alla Redazione

Puoi scriverci al seguente indirizzo:

[email protected]

 

 

 

Seguici anche su:

Realizzato da: Cmc Informatica e Comunicandoti