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Nel settembre di 500 anni fa la battaglia di Marignano o dei Giganti

Scritto da  Redazione

La battaglia di Marignano (ora Melegnano) si combatté il 13-14 settembre 1515 e vide contrapporsi l’esercito svizzero (composto da 20mila soldati) a quello francese alleato a Venezia (31mila soldati). In due giorni perirono 20mila uomini, 14mila in campo svizzero, 6mila in quello franco-veneto. Fu anche definita la battaglia dei giganti. Facciamo un passo indietro per capire come si arrivò a questo scontro.

Alla fine del Quattrocento gli Stati che componevano l’Italia erano divisi e indeboliti da aspre rivalità. Le loro ricchezze, gli importanti tesori d’arte, l’abbondante produzione di cereali, la  posizione chiave nel Mediterraneo li resero una preda ambita per le grandi monarchie europee. Nelle controversie gli Svizzeri si fecero coinvolgere alleandosi ora con gli uni, ora con gli altri, allettati dalla prospettiva di ottenere terre e facili guadagni. Ormai gli Svizzeri rappresentavano una potenza militare invincibile e i sovrani di tutta Europa facevano a gara per averli al loro servizio: era andato diffondendosi il servizio mercenario e un gran numero di lanzi svizzeri combatteva per il re di Francia, per l’Imperatore di Germania, per il Duca di Milano, ecc.
Si vendevano a caro prezzo, corteggiati e temuti, ma incapaci di perseguire una politica comune e di sfruttare fino in fondo la loro forza: alcuni cantoni guardavano a sud, altri verso il Lemano.
Quando il re di Francia Luigi XII, vantando pretese dinastiche, mosse alla conquista della Lombardia, aveva con sé parecchie migliaia di svizzeri, mentre alcune migliaia si trovavano in campo opposto a difendere il ducato di Milano dall’invasore. Per evitare una strage tra confederati, i contingenti al servizio di Ludovico detto il Moro, duca di Milano, decisero di tornare a casa.

I francesi, padroni della Lombardia, misero guarnigioni anche nei castelli di Lugano, Locarno e Bellinzona. I cantoni che anelavano ad espandersi verso sud e desideravano impossessarsi di Bellinzona da un pezzo, non esitarono a sloggiarli, ottenendo la dedizione della città. Eravamo nel 1500. Anche il pontefice attirò gli svizzeri con un forte contingente di mercenari, costituendo la guardia svizzera del Papa, che esiste ancora oggi. Pure il Papato entrò nel conflitto con la Francia; l’odio per i transalpini aumentò sempre più e l’essere al servizio del Papa andava assumendo il significato di “difesa della Chiesa cristiana”. Nel 1512 le truppe papali furono battute dall’esercito francese; 18’000 confederati, provenienti da ogni parte della Svizzera, in poche settimane si misero al servizio del Pontefice. A Pavia, due mesi dopo, i Confederati al soldo di Papa Giulio II, spazzarono via i francesi dal nord dell’Italia, occuparono tutte le terre ticinesi e riposero sul trono del Ducato di Milano il legittimo erede, Massimiliano Sforza, figlio di Ludovico il Moro, che si assicurava la protezione degli Svizzeri con un dono di 150’000 ducati e un contributo annuo di altri 40’000. Di fatto la Lombardia diventava un protettorato elvetico. Ma le vicende per il possesso della Lombardia erano ben lontane dal concludersi. L’anno dopo, il re di Francia fece scendere in Lombardia le sue truppe, rinforzate da lanzichenecchi tedeschi, ma venne nuovamente battuto a Novara.

Nel 1515 Francesco I, divenuto re dei Francesi, decise di riconquistare la Lombardia. La grande armata francese, composta da 40’000 fanti, 15’000 cavalieri e da 40 a 70 enormi cannoni, passò per la gran parte attraverso una nuova strada che si snodava lungo il Colle della Maddalena, un itinerario precedentemente sconosciuto. Questa fu considerata una delle imprese militari più importanti dell’epoca e ricordò la traversata di Annibale. A Villafranca i francesi sorpresero e catturarono il comandante pontificio, Prospero Colonna, in un raid di cavalleria dietro le linee alleate. Questo fatto colse di sorpresa gli svizzeri, i quali controllavano i colli del Moncenisio e del Monginevro, che si ritirarono verso Milano.
Francesco I cercò in seguito di concludere un patto coi Confederati, offrendo loro ingenti somme di denaro affinché si mantenessero fuori dal conflitto e rinunciassero alle terre ticinesi. A questo punto avvenne un vergognoso compromesso. Molte truppe svizzere (Berna e le regioni alleate) rientrarono in patria, accettando le proposte del re. In Italia rimasero solo 20’000 svizzeri (cantoni primitivi e Zurigo).

Lo scontro tra Svizzeri e Francesi avvenne a Marignano e fu violentissimo. Accanto agli svizzeri combatterono poche centinaia di cavalieri e fanti milanesi poiché l’esercito sforzesco aveva praticamente cessato di esistere. Il pomeriggio del 13 settembre gli svizzeri rimanenti marciarono verso le forze francesi e anche se mancavano poche ore al calare della notte, attaccarono il campo francese catturando molti pezzi di artiglieria, riuscendo persino a ferire Francesco I. L’assalto durò fino alle quattro di notte, quando gli svizzeri decisero di accamparsi; il re francese approfittò della tregua per riorganizzare l’artiglieria e per chiamare in soccorso le forze veneziane che alle prime luci dell’alba attaccarono gli svizzeri alle spalle, volgendo l’esito dello scontro a favore dei franco-veneti. Dopo tante vittorie, l’imbattibile fanteria svizzera, il più potente esercito d’Europa di quei tempi, subiva un colpo decisivo. Era la fine di un’epoca: Marignano stabilì la superiorità dell’artiglieria (fabbricata in lega di bronzo) e quello della cavalleria sulla tattica a falange della fanteria svizzera, fino ad allora invincibile. Marignano rappresentò la fine dell’avventura espansionistica svizzera. Dopo un’impressionante serie di vittorie (sul duca di Borgogna, contro l’esercito imperiale di Massimiliano I d’Asburgo e contro i francesi in Lombardia) i confederati non tentarono più offensive militari extraterritoriali.
In seguito alla sconfitta i confederati persero la propria influenza sul Ducato di Milano e cedettero alla Francia la Valcuvia e la Valtravaglia. Il Vallese, che aveva combattuto a fianco dei Confederati, perse a sua volta la Val d’Ossola. Francesco I fece di tutto per giungere ad una pace con i confederati, poiché riteneva che da quella dipendesse la sorte del nord Italia. Vi riuscì nel 1516, garantendo agli svizzeri il pagamento di indennità di guerra e il possesso delle terre ticinesi. Francesco I rispettò i suoi impegni e ciò contribuì a conciliare gli animi.
La Svizzera si chiudeva entro i confini dei suoi 13 cantoni, dai quali non sarebbe uscita per oltre due secoli e non ebbe più conflitti armati con la Francia, anzi! Nel 1521 con quest’ultima stipulò un’alleanza con la quale otteneva il diritto di arruolare soldati in Svizzera. 

*pubblicato originariamente su http://www.informatore.ch

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