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Ticino, demagogia e deriva populista oltre il Polenta Graben

Scritto da  Libero D'Agostino

Dopo il referendum di domenica scorsa relativo all'espulsione automatica degli stranieri che commettono reati, che ha visto la vittoria dei Si in Ticino, ma il No a livello federale, ospitiamo il commento di Libero D'Agostino pubblicato nell'editoriale de Il Caffè di oggi (n.d.r.).

Dal voto contro l’immigrazione di massa a quello per l’espulsione degli stranieri che commettono reati, il Ticino si conferma ancora una volta l’avamposto del nazionalpopulismo svizzero. Andando ben al di là nella topografia politica della Confederazione di quel "fossato della polenta" che ha contrassegnato la storia recente del cantone. "Il voto di domenica scorsa è il risultato scontato di anni e anni di campagne contro gli stranieri, di un populismo costruito ad arte, di cui il settimanale leghista il Mattino, è stato un formidabile amplificatore. Negli altri cantoni non c’è niente di simile", dice Giancarlo Nava, esponente di Belticino, il movimento che  si è battuto a lungo contro la strategia d’intimidazione politica della Lega.
Campagne ossessive che hanno rinfocolato vecchie e nuove paure, per frontalieri e padroncini che rubano il lavoro ai ticinesi, per i delinquenti stranieri che rubano nelle case, per migranti e rifugiati che rubano alle assicurazioni sociali. "Per fortuna gli altri cantoni di frontiera che hanno gli stessi nostri problemi hanno reagito in maniera diversa. Francamente temevo peggio", osserva il filosofo Fabio Merlini. In questa reazione diversa si misura  la distanza del Ticino dalla Svizzera. La martellante retorica populista, nel silenzio dei partiti storici, ha sedimentato qui  risentimenti e rancori verso gli stranieri, è questa l’infrastruttura emotiva di un cantone dove oggi, anche agli occhi del resto della Svizzera, pare prevalere l’istinto della chiusura.
"Attenzione alle chiusure, quello che a breve termine può apparire vantaggioso, ha grandi svantaggi a lungo termine", avverte Mauro Dell’Ambrogio, segretario di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione. Doveroso, ricorda Dell’Ambrogio, combattere fenomeni come il dumping salariale o talune distorsioni del mercato del lavoro, sui cui si sono anche alimentate le campagne contro gli stranieri,  senza però confondere le carte: "Il Ticino non dovrebbe dimenticare che i settori economici del futuro sono proprio quelli che necessitano di più della mobilità delle persone, di scambi, di cooperazione internazionale". Quanto sta avvenendo è molto preoccupante secondo Renato Martinoni, docente di letteratura italiana all’Università di San Gallo: "Chi ama veramente la Svizzera non può invocare la chiusura, allarma il fatto che ci sia poca voglia di reagire di fronte a tanta demagogia. Partiti e società civile tendono purtroppo a non far sentire la loro voce. Il populismo è ormai un fenomeno trasversale". L’avanzata del nazionalpopulismo Nava la spiega anche con la passività dei partiti storici: "Il loro silenzio, oltre ai guasti politici, ha provocato gravi danni culturali in un tessuto sociale che pare aver assorbito tutte le tossine della xenofobia".
Sul futuro Merlini non è ottimista. "Vedo il cantone indebolirsi economicamente e ciò alimenterà nuove paure - dice -. È importante che la politica rimetta in moto la macchina produttiva, solo così si sottrae terreno al populismo". O all’illusione, come ricorda Martinoni, che il Ticino possa risolvere da solo i suoi problemi. "È necessario ragionare in modo aperto e non pensando di bastare a se stessi - spiega -. Bisogna imparare a discutere assieme, ma da noi si è in campagna elettorale permanente e non c’è tempo per imparare a dialogare". Difficile, però, ragionare in questo clima di semplificazione brutale, ricorda Merlini: "Quando la politica, invece di interrogarsi sulle vere cause del disagio sociale, lavora sulle paure, inventa capri espiatori e condensa nella figura dello straniero tutti i nostri timori".

*originariamente pubblicato su Il Caffè, www.caffe.ch

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