Claudio for Expo

ICH Sicav

 

Per vincere le elezioni servono idee e soluzioni, non sedie

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Tutti che parlano di coalizioni, partiti, liste e nessuno che prenda in considerazione l’assembramento elettorale più numeroso, ovvero gli astenuti. Se facciamo una media tra primo e secondo turno, in Italia negli ultimi anni alle amministrative si reca alle urne poco più della metà degli aventi diritto al voto. E il 2016 non farà eccezione, anzi, incrementerà molto probabilmente la percentuale di chi non parteciperà. E la antipolitica conta fino ad un certo punto nelle elezioni locali e nella generazione di queste dinamiche. E’ il quadro generale fin troppo facile da leggere per chiunque la chiave di volta per capire il fenomeno. Con alcune stranezze. Il centrodestra sembrava tagliato fuori, incapace di formulare qualsiasi alchimia in grado di farlo entrare in partita in modo decisivo. Eppure, sono bastate alcune candidature azzeccate come Stefano Parisi a Milano e Paolo Orrigoni a Varese per rimetterlo in gioco e, sondaggi alla mano per quel che riguarda Milano, il centrodestra è posizionato ad una incollatura dalla sinistra. Sembra che non abbiano avuto effetto gli scandali in Regione che tengono sotto la spada di Damocle Maroni, un terremoto dirompente che forse non è neppure finito, oppure le diatribe sulla estensione della coalizione e la lotta infinita su alcune candidature in giro per la Lombardia. Evidentemente sono fatti che sono stati interpretati dall’opinione pubblica come ordinaria amministrazione. Sembra, appunto, ma non è così. L’impalpabilità del centrodestra in termini generali e nazionali è evidente, la mancanza di idee pure, localmente si vive alla giornata, ma se il principale avversario si rovina da solo, ecco che si inverte magicamente l’inerzia, si ritorna in auge, si riacquista centralità, visibilità e si diventa di nuovo una opzione spendibile per il proprio elettorato di riferimento o di appartenenza. Oppure si viene presi in considerazione dal quel segmento sociale piuttosto vasto e determinante, ubicato nell’area moderata, che fa del voto un elemento molto volatile, che insomma vota dove gli conviene. E’ quello che sta appunto succedendo a Milano e a Varese per rimanere nei centri più importanti che andranno ad elezioni. Di fronte al forte attivismo di Parisi, Sala risponde con il silenzio sulle idee o con lo spettacolo poco edificante che lo vede quotidianamente alle prese con trattative surreali e veteropolitiche per la composizione delle liste e per l’allargamento della coalizione. Un barnum inquietante se pensiamo al grande vantaggio che aveva ottenuto nei sondaggi ai tempi delle primarie. Un abbrivio e un vantaggio completamente spariti nel gorgo di una serie di notizie che non interessano a nessuno e che tengono lontani i cittadini dalle urne. Nessuno è interessato alle sedie, ma alle soluzioni. E’ quasi una regola aurea. Beghe di palazzo, vendette, ambizioni personali non le legge nessuno se non a titolo di mera curiosità, la gente vuol sentire parlare di idee, progetti, futuro. Il Palazzo guarda al proprio interno, la gente è fuori e non ha elementi per valutare. Ergo: se ne sta a casa o se proprio va a votare, valuta altre opzioni o vota sull’onda delle emozioni dell’ultimo minuto. A Varese la sinistra ha fatto le primarie per spacciare l’idea del candidato esterno che vince dal basso e con una lista civica del sindaco preconfezionata a tavolino intende corroborare il messaggio del profilo non partitico della candidatura. In realtà chi ha vinto dimostra di essere un prodotto del vivaio piddino, un burocrate di partito, peraltro goffamente mascherato. Una tipica mistificazione nel solco di quelle che spesso e volentieri la sinistra ci propina. E’ bastato che il centrodestra candidasse un imprenditore veramente esterno alle camarille di palazzo per svelare il trucco della controparte. Ora il re, a sinistra, è nudo, e si trova a fare una battaglia di schieramento dal forte taglio politico, proprio il contrario di quello che si immaginava. E sarà penalizzante in termini di numeri. Sia Sala sia Galimberti, per uscire dal guado in cui rischiano di annegare, aspettano con ansia le trovate demagogiche e populiste di Matteo Renzi confezionate per le elezioni con tanti saluti alle idee e ai contenuti. Sono già pronte e saranno in ambito fiscale e lavoro come i giornali nazionali hanno già anticipato. Un salvagente ancora più utile dopo aver visto l’ottimo inizio della campagna elettorale di Parisi a Milano, ben impostata dal punto di vista della comunicazione e dei contenuti. L’ultima chanche per rimanere in gioco si chiama appunto Renzi, ma può diventare anche un abbraccio mortale. Il resto dello spettacolo è contorno e folklore, come il civico che guarda la pagliuzza nell’occhio politico altrui, quelli che si stracciano le vesti per gli interessi, ovviamente giudicati opachi, dei partiti che stanno dietro certi candidati, guarda caso dipinti come marionette, dimenticandosi di essere loro innanzitutto poco trasparenti od omertosi su chi e cosa muove gli interessi dietro un certo civismo od un certo candidato e via discorrendo di argomenti che interessano comunque sempre meno all’opinione pubblica.

Nella foto: Urano Palma

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