Claudio for Expo

ICH Sicav

 

L'imperativo della politica: confondere le acque e sopravvivere

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In questo tormentato mese di febbraio, dal caso Rizzi ai frontalieri e per finire alle vicende riguardanti le elezioni amministrative, la politica locale ha dato prova di quello che sa meglio fare: confondere le acque e venir meno alle proprie responsabilità. Con un unico risultato ottenuto: minare ancora una volta la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, nella politica e in chi se ne occupa pro tempore. Con un corollario scontato: la gente è sfiduciata, sfibrata dalla inconcludenza del personale politico e dalla irreversibilità di certi fenomeni a cui pare non si possa porre rimedio. Non protesta seriamente nessuno, la maggioranza preferisce il riflusso nel privato, la desistenza, il disinteresse, l’astensione da qualsiasi forma di partecipazione democratica a cominciare dal voto. Prendiamo il caso Rizzi. Il presidente della Lombardia Roberto Maroni se ne viene fuori con dichiarazioni imbarazzanti e dal sapore finto ingenuo, in sintesi: sono stato tradito, non immaginavo una situazione di quel tipo. Ma come si fa ad avere fiducia di qualcuno che ricopre la maggiore carica regionale e che non sa di avere tra i collaboratori principali, nella stretta cerchia degli intimi amici per giunta, qualcuno che nasconde le tangenti nel freezer o che minaccia senza mezzi termini i dirigenti medici? La politica colpita in pieno, parla d’altro, confonde appunto le acque. Parla di sanità lombarda a livelli di eccellenza mondiale. Facendo un po’ di storia, allora significa che il tanto contestato Roberto Formigoni qualche merito ce l’ha? Ma venne abbattuto proprio per gli scandali e scandaletti intorno al pianeta sanità. Si dirà che è vero solo in parte, come in parte, molto, ma molto minima, del merito spetti all’attuale giunta. Il merito vero va alla Lombardia, come società, la regione in cui tradizionalmente e da sempre, a livello anche culturale, welfare e sanità sono stati i migliori. E laddove la sanità funziona, perché sappiamo bene che funziona a macchia di leopardo, i meriti della regione e della politica sono minimi. La politica insiste e cerca di minimizzare, la sanità è a livelli di eccellenza, sono solo mele marce i Rizzi o gli altri beccati prima di lui, il sistema è sano. E’ una tesi che non funziona, è solo un alibi.

Se passiamo ai frontalieri rientriamo ancora di più nello stereotipo della politica che confonde le acque. Fino al frontaday di Ponte Tresa, l’accordo fiscale italo svizzero e le penalizzanti conseguenze per i lavoratori frontalieri, ben 62.000, non esistevano per nessuno. Per i sinistri proni a Renzi, occorreva tacere per ragion di stato e di partito, dall’altra parte i leghisti, che evidentemente non hanno mai amato quella gente, sono quasi tutti terroni come ha detto qualcuno, mal sopportano quei lavoratori che osano agitare il quieto vivere tra le due Leghe, quella dei ticinesi e quella Nord. Di fronte ad una vera e propria sollevazione popolare, la politica non è riuscita più a nascondersi o a tirarsi indietro Ora è una rincorsa a chi mette per primo il cappello sul dossier frontalieri, o meglio sui loro voti. Si è sentito dire di tutto e di più e soprattutto si è spacciato per risultato raggiunto solo chiacchere, mozioni, prese d’atto del problema. Con l’aspetto comico di chi, disinteressato fino a due settimane fa, ha attaccato la politica proprio per il disinteresse dimostrato. Non abboccano in molti da quelle parti, si vogliono vedere i fatti, non le sfilate dei politici nei convegni.

Il terzo banco di prova del confondere le acque sono le imminenti elezioni amministrative e la pirandelliana vicenda delle liste civiche o dei candidati civici. Prendiamo il caso da manuale, ovvero Varese. C’è il civico scornato Stefano Malerba, una foglia di fico utilizzata da fuoriusciti da tutti i partiti e con mentore una vecchia gloria democristiana degli anni 80, che predica civismo e solidarismo municipale, attacca partiti e vecchia politica, recita un copione già scritto e preconfezionato dove è evidente il rigor mortis di idee e motivazioni. C’è la lista “cinica” della sinistra collegata al candidato sindaco Davide Galimberti uomo di partito e della nomenclatura, il classico stratagemma per allargare il consenso fuori dallo steccato, ma se non è zuppa è pan bagnato. C’è il civico Paolo Orrigoni imposto da una accordo tra segreterie di partiti incapaci di trovare la quadra all’interno, una bandiera nuova da sventolare, ma l’esercito resta sempre lo stesso.

Una conclusione a tutto questo la può trarre chiunque: a seconda delle stagioni, ma non sarebbe meglio andare al mare o in montagna?

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